Al momento della diagnosi, il paziente psoriasico sa che, molto probabilmente, dovrà avere a che fare con questa patologia per tutta la vita. Una malattia cronica come la psoriasi - di cui soffre il 2,8% della popolazione italiana - è infatti una condizione curabile, ma da cui non si può guarire definitivamente: nel corso degli anni, il paziente vivrà fasi di attività di malattia alternate a fasi di remissione.

Oggi le terapie per la psoriasi consentono di prolungare le fasi di remissione e di ridurre al minimo, in alcuni casi fino a eliminarle, le lesioni sulla pelle.

Percorsi di cura inadeguati: l'impatto

Questo percorso però non è sempre semplice: conta il modo in cui il paziente è preso in carico e la facilità con cui riesca a destreggiarsi nell'iter di cura. Una cattiva qualità di tale percorso può infatti compromettere l'evoluzione della patologia, generando anche un impatto psicosociale importante, che può ulteriormente gravare sulla qualità di vita del paziente. Tutto questo ha anche un impatto socioeconomico importante, in termini di costi pubblici per le terapie e di produttività persa.

Riconoscere le ricadute psicosociali

Peraltro, per i pazienti psoriasici - e in particolare per quelli con forme severe, localizzazioni particolari quali mani, viso e area genitale e con comorbilità con un forte impatto sulla salute generale, come quelle articolari (artrite psoriasica) e cardiometaboliche - la cura non può limitarsi al farmaco. L'Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea la necessità di riconoscere l'impatto psicosociale della malattia che, oltre alla salute del paziente, condiziona anche la sua vita sociale e relazionale. Negli ultimi anni, ciò ha spinto i pazienti e le associazioni a mobilitarsi per chiedere percorsi di cura che migliorino la qualità di vita.

Educazione sanitaria, supporto psicologico e territorio

Ma non solo: è anche necessaria un'educazione sanitaria che spinga il paziente ad adottare stili di vita adeguati, e dunque una buona alimentazione finalizzata al controllo del peso corporeo, data l'elevata prevalenza dell'obesità nei pazienti psoriasici, e una riduzione dei comportamenti dannosi come il fumo e l'abuso di alcol.

Infine, la presa in carico del paziente psoriasico dovrebbe consentire anche l'accesso a percorsi di supporto psicologico. Purtroppo non è sempre facile accedere a percorsi strutturati, tanto che molti pazienti perdono fiducia e rinunciano alle cure. Una soluzione potrebbe venire dall'attivazione di percorsi di telemedicina e dalla collaborazione tra i centri specialistici dedicati a diagnosi e cura della psoriasi, attivi presso le strutture ospedaliere e i Dermatologi sul territorio.

La psoriasi nel Piano Nazionale della Cronicità

C'è poi un altro ostacolo: a oggi, la psoriasi non ha ancora trovato spazio nel Piano Nazionale della Cronicità, documento del Ministero della Salute volto ad armonizzare le attività di diagnosi e presa in carico dei pazienti con patologie croniche.

In diverse occasioni, le associazioni dei pazienti psoriasici hanno sottolineato il diritto di rientrare in questo Piano, dal momento che chi è affetto da questa patologia ha le stesse peculiarità di chi soffre di altre malattie croniche attualmente inserite, come diabete, patologie cardiometaboliche e malattie reumatiche, che spesso sono complicanze della stessa psoriasi, insieme a obesità e insufficienza respiratoria.

Estendere l'esenzione al ticket

Un altro obiettivo delle associazioni pazienti circa i bisogni che non trovano ancora risposta è quello che riguarda l’allargamento dell’esenzione 045 a tutte le forme di psoriasi. Attualmente, infatti, le forme esenti dal ticket sono solo quella pustolosa e l’eritrodermica. Le più diffuse psoriasi a placche, inversa e guttata sono di fatto escluse, nonostante la necessità di controlli frequenti, sia dermatologici che specialistici per monitorare la funzionalità degli organi interni, sia comune a tutte le forme.