Incontinenza successiva alla prostatectomia radicale: la riabilitazione

INCONTINENZA SUCCESSIVA ALLA PROSTATECTOMIA RADICALE: LA RIABILITAZIONE

Una delle più temute conseguenze dell'intervento di prostatectomia radicale, ovvero l'asportazione della prostata e delle vescicole seminali, è sicuramente l'incontinenza urinaria da sforzo.

Si tratta di perdite di urina che si verificano nell'uomo operato per cancro alla prostata in seguito a piccoli sforzi quali colpi di tosse o semplici attività fisiche.

In linea generale tale disturbo si verifica come conseguenza di un indebolimento dello sfintere
uretrale
, muscolo a forma di anello che controlla il transito dell'urina durante la minzione. Va detto però che non esiste un unico fattore che, nel corso dell'intervento, provochi incontinenza: sono diverse le tipologie di danno che possono venire a determinarsi, da quelli diretti allo sfintere uretrale alle alterazioni dei rapporti tra il muscolo elevatore dell'ano e dell'uretra fino ai danni alle strutture nervose dell'uretra stessa e del collo della vescica.

Epidemiologia: dati poco chiari

Quale che sia la specifica causa in ciascun paziente, è purtroppo pressoché inevitabile che la prostatectomia radicale porti ad alterazioni di questo genere e, dunque, a incontinenza
postoperatoria
.

Sono tuttavia molti i fattori che entrano in gioco nel determinare gravità e durata nel tempo del disturbo: questo spiega perché in letteratura scientifica l’incontinenza urinaria successiva alla prostatectomia radicale sia rilevabile in percentuali estremamente differenti a seconda delle casistiche ma anche in funzione dell’expertise del chirurgo e della modalità di definizione e raccolta dei dati.

I fattori predisponenti

Nel determinare la maggiore o minore probabilità di sviluppare incontinenza urinaria entrano in gioco ovviamente anche le caratteristiche anatomiche di ciascun paziente: lo ha dimostrato ad esempio uno studio spagnolo del 2019 pubblicato da Actas Urológicas Españolas che ha evidenziato alcuni fattori
anatomici predittivi
rilevabili tramite risonanza magnetica.

Esistono poi i fattori di rischio legati alla storia del paziente: oltre a un'età maggiore di 65 anni, incrementano il rischio l'obesità, la presenza di disturbi urinari preoperatori e naturalmente pregressi
interventi
di chirurgia prostatica.

L'approccio preoperatorio

A oggi sono diversi gli approcci terapeutici per trattare l'incontinenza urinaria negli uomini che hanno subito una prostatectomia radicale. Esistono infatti approcci farmacologici e chirurgici, anche di tipo mini invasivo, ma soprattutto c'è la riabilitazione postoperatoria del pavimento pelvico.

Inoltre da tempo si sono imposti anche nuovi approcci preoperatori che sembrano essere efficaci nel ridurre l'incidenza dell'incontinenza urinaria: ad esempio uno studio colombiano del 2014, pubblicato anch'esso su Actas Urológicas Españolas, ha rilevato come un training preoperatorio della muscolatura perineale sia in grado di indurre modificazioni istologiche e funzionali del pavimento pelvico rivelandosi un fattore protettivo per l’insorgenza di incontinenza urinaria post prostatectomia.

A partire da un mese prima dell'intervento, il paziente viene pertanto preparato a effettuare esercizi che gli permetteranno di recuperare la continenza in tempi più brevi, una volta concluso l'intervento. In questo modo il soggetto impara a prendere coscienza con maggior facilità del proprio pavimento pelvico migliorandone le performance.

La riabilitazione del pavimento pelvico

Gli interventi riabilitativi post-operatori devono essere totalmente personalizzati, anche in funzione dell'entità del disturbo.

L’incontinenza urinaria è peraltro un sintomo raccontato dal paziente e non desumibile durante la visita, per questo è necessaria un'attenta valutazione del caso.
Il primo step consiste nel consigliare al paziente di redigere un diario minzionale che fornisce al medico informazioni sull’introduzione dei liquidi, sul tempo trascorso tra una minzione e l'altra, sulle cause che determinano la perdita di urine e su altri fattori ambientali e soggettivi.

Per determinare la reale quantità di urine perse in alcuni casi al paziente può essere suggerita l'esecuzione del test del pannolino. Il soggetto indossa un pannolino, precedentemente pesato, per poi bere una certa quantità di liquidi in un certo lasso di tempo. Successivamente gli viene chiesto di eseguire alcune attività che facilitano la perdita di urine: salire le scale, alzarsi e sedersi e tossire, ad esempio. Il pannolino è poi pesato nuovamente per rilevare la quantità di urine perse.

Il bladder training e la riabilitazione

Una volta eseguita questa anamnesi, può iniziare l'attività di rieducazione del pavimento pelvico, che comprende varie attività.
Si va dal bladder training, tramite il quale il soggetto è istruito circa tempi e modi corretti di introduzione dei liquidi e di svuotamento della vescica, in funzione delle sue caratteristiche e della sua condizione.
Occorre infatti controllare l’assunzione giornaliera di bevande, che deve essere né troppo scarsa né eccessiva e che deve avvenire solo di giorno, con un'attenzione a ridurre le bevande con effetti diuretici.
C'è poi la vera e propria riabilitazione del pavimento pelvico, che avviene con vari esercizi che il paziente esegue insieme a un operatore ma che impara a eseguire anche al proprio domicilio in modo autonomo. Si tratta di attività di rinforzo muscolare finalizzate al potenziamento dei muscoli del perineo che sostengono dal basso la cavità addominale.

Quanto contano gli stili di vita

Anche alcune modifiche dello stile di vita possono essere utili a prevenire e a trattare l'incontinenza urinaria post-chirurgica.

Oltre a praticare regolarmente attività fisica, smettere di fumare, è necessario un controllo del peso
corporeo
: l'obesità, come già sottolineato, è un importantissimo fattore di rischio.

E poi va sospeso il consumo di alcol, vanno ridotti alimenti e bevande contenenti caffeina e va seguita una dieta corretta e ricca di fibre, così da prevenire la stipsi.
Spinte defecatorie intense possono infatti peggiorare la sintomatologia agendo in modo scorretto sul pavimento pelvico. fibre

Nei casi meno gravi, la continenza può essere recuperata entro un mese dall’intervento, mentre in quelli più complessi possono essere necessari tempi più lunghi. Tale percorso riabilitativo è condotto con fisioterapisti specializzati, sotto monitoraggio urologico e chirurgico. Purtroppo a oggi non in tutte le strutture ospedaliere questo tipo di intervento è sempre disponibile.

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FONTI

Degli Agosti I, Incontinenza urinaria post intervento di prostatectomia radicale: presa in carico riabilitativa, Doceo Ecm,
www.doceo-ecm.it/incontinenza-urinaria-post-intervento-di-prostatectomia-radicale/

Giraudo D, Dopo un intervento alla prostata è utile la riabilitazione per recuperare la continenza, Fondazione Veronesi Magazine,
www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/dopo-un-intervento-alla-prostata-e-u tile-la-riabilitazione-recuperare-la-continenza

Montorsi F, Come recuperare rapidamente la continenza urinaria dopo prostatectomia radicale per tumore della prostata: il ruolo della riabilitazione,
www.francescomontorsi.it/news-2018/come-recuperare-rapidamente-la-continenza-urinaria-dopo-pr ostatectomia-radicale-per-tumore-della-prostata-il-ruolo-della-riabilitazione/

Ocampo-Trujillo A et al, Pre-operative training induces changes in the histomorphometry and muscle function of the pelvic floor in patients with indication of radical prostatectomy. www.pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24440083/

Regis L et al, Preoperative magnetic resonance imaging in predicting early continence recovery after robotic radical prostatectomy.

www.pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30420112/

Valerio B, Dopo l’intervento alla prostata “si può evitare l’incontinenza”, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord,
www.ospedalimarchenord.it/dopo-lintervento-alla-prostata-si-puo-evitare-lincontinenza/

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