Otto consigli per un neo caregiver

LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

Otto consigli per un neo caregiver

Quello del caregiver non è un ruolo che si sceglie o per cui è possibile prepararsi. Arriva all’improvviso e non porta con sé soltanto responsabilità e mansioni nuove, che si aggiungono a quelle della propria vita personale, ma spesso si accompagna…

» Quello del caregiver non è un ruolo che si sceglie o per cui è possibile prepararsi. Arriva all’improvviso e non porta con sé soltanto responsabilità e mansioni nuove, che si aggiungono a quelle della propria vita personale, ma spesso si accompagna anche ad un carico di dolore, tristezza, preoccupazione, tanto maggiori quanto più si è vicini e legati alla persona che ci si trova ad assistere. E non diventa più semplice con il passare del tempo. Per questo, ecco alcuni consigli dedicati a chi si trova da un giorno all’altro ad essere un caregiver, per cominciare questo percorso un po’ meno in salita.

1) Capire la situazione
Nel momento in cui si diviene caregiver di una persona vicina è facile sentirsi smarriti, non sapere cosa fare, come farlo.

Il primo passo è quello di cercare di capire la situazione in cui ci si trova, conoscere le condizioni della persona cara, la sua patologia, la sua prognosi, il percorso che la attende. È altrettanto importante capire come le sue condizioni fisiche, le sue necessità e la sua autonomia possano cambiare nell’immediato o nel più lontano futuro, per riuscire a prevedere quale tipo di aiuto può essere necessario, come essere di maggiore supporto.

2) Parlare apertamente
La comunicazione è un fattore chiave in questa relazione. Si deve poter parlare apertamente in primo luogo dei reali bisogni del paziente, che non devono essere immaginati dal caregiver: il paziente deve poterli esprimere, descrivere, circoscrivere in modo che possano essere soddisfatti nel migliore dei modi possibili, senza che si creino frustrazioni o sensi di colpa da entrambi i lati.

È importante anche definire di cosa non c’è bisogno, cosa il paziente può e vuole fare da solo. Ciò serve soprattutto per prendere decisioni rispetto alle terapie e ai trattamenti.

3) Imparare
Una volta che si hanno chiari i propri compiti e le proprie mansioni, è possibile che queste non siano abilità che già si padroneggiano o conoscenze che sono già state acquisite. Quindi è indispensabile dedicare del tempo ad imparare. Prima di tutto bisogna imparare di più sulla diagnosi, sui sintomi, sui trattamenti a cui si deve sottoporre la persona di cui ci si prende cura. Se ci si deve occupare di medicazioni o di assistenza fisica, per esempio nell’igiene personale, nell’alimentazione e via dicendo, potrebbe essere utile informarsi sul modo più semplice per portare a termine queste mansioni: il modo meno faticoso, ma anche quello più delicato e meno aggressivo nei confronti del paziente e, soprattutto, quello più sicuro.

Per riuscirci, bisogna chiedere aiuto ad esperti, come medici o infermieri, ma anche confrontarsi con altri individui che si trovano nella medesima situazione e pertanto possono essere di aiuto associazioni di pazienti, forum o gruppi in rete o incontrati in prima persona.

4) Non fare tutto da soli
Come detto ci sono molte mansioni e responsabilità, spesso di natura diversa, che richiedono tempi e competenze diverse.
Essere un caregiver primario, ovvero la persona che principalmente assiste un paziente oncologico, può presto trasformarsi in un lavoro a tempo pieno, che stravolge la vita del caregiver.
Per evitare questo stravolgimento, la soluzione è semplice: si deve creare una squadra. Come? In primo luogo, se ci sono, coinvolgendo familiari e amici. Una volta stilata la lista delle necessità, dopo averne discusso con il paziente, le incombenze si possono dividere tra diversi membri della famiglia, anche quelli lontani o su cui di solito non si fa affidamento. Parte di questo team può essere costituito da vicini di casa, amici, aiutanti domestici, badanti o infermieri professionali, assistenti sociali e professionisti di servizi messi a disposizione dall’ASL o dal comune. Chiedere aiuto, cercare aiuto, capire su chi si può contare e come è sicuramente uno dei primi compiti del caregiver. Ci possono essere più persone disposte a creare una rete di supporto di quante non si creda all’inizio.

5) Non strafare
Occupatevi solo di quello che la persona a voi cara che assistete non è in grado di fare o fa con eccessiva difficoltà, o che vi chiede direttamente di fare. Non si deve annullare del tutto la sua autonomia e indipendenza, si rischierebbe di aumentare la frustrazione, il senso di colpa, se non addirittura il rischio di depressione e ansia.

6) Prendersi cura di sé stessi
Come detto, è facile che quello del caregiver diventi un lavoro a tempo pieno. È frequente che il caregiver trascuri i propri bisogni, le proprie necessità, la propria salute fisica e mentale. Questo però sarebbe un errore per diversi motivi. In primo luogo nei confronti di sé stessi, della propria famiglia, se se ne ha una, per esempio se ci si prende cura di un genitore, ma nel frattempo si è formata una famiglia propria con partner e figli: trascurarli non farà che aumentare lo stress e l’ansia. Trascurare sé stessi e le proprie necessità può portare a problemi di salute, lavorativi, finanziari, e generare disturbi come la depressione. Infine, se si è esausti, frustrati e stressati non si è in grado di gestire al meglio la situazione e neanche, di conseguenza, di essere un buon caregiver.
Quindi, oltre a fare in modo di creare un team che condivida compiti e responsabilità è importante prendersi cura di sé stessi: prendersi del tempo per riposare, ma anche per fare le cose che si amano, occuparsi del proprio lavoro e della propria famiglia. Non è semplice, per questo è importante sfruttare tutte le fonti di supporto che ci sono, quelle offerte dalla famiglia e dagli amici, così come quelle offerte dal servizio pubblico.

7) Conoscere i propri diritti
In quanto caregiver primario si hanno per legge una serie di diritti come assenze e permessi pagati dal lavoro. Alcuni, insieme a molti dei diritti del paziente che si assiste, sono illustrati nella sezione Diritti del malato del nostro sito, ma, per conoscerli tutti e farli valere, è bene recarsi da un consulente e farsi aiutare.

8) Cercare il lato bello
Oltre alla tristezza per il dolore e la malattia di una persona amata, oltre allo stress, all’ansia, alla fatica e a tutti gli aspetti negativi che ci sono in questa situazione, se ne possono trovare dei positivi. Cercarli, individuarli e dare loro spazio è importante per riuscire a portare avanti questo ruolo.
Quali possono essere? Una relazione più stretta e intima con la persona cara; la possibilità di dimostrare il proprio affetto e la propria presenza a questa persona in un momento di fragilità e difficoltà; essere consapevoli di portare avanti qualcosa di utile e importante per amore e altruismo. Inoltre, si può imparare qualcosa di sé stessi, qualcosa che prima non si conosceva: punti di forza e capacità sconosciute, ma anche piccoli difetti su cui lavorare per crescere. Una malattia può perfino contribuire a rendere una famiglia più unita e aiutarla a superare tensioni e difficoltà, insieme.

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Bibliografia e Fonti:

CittadinanzAttiva. Caregiver, il welfare invisibile, 15 Gennaio 2020.

Leukemia and Lymphoma Society. Introduction to caregiving, 2019.

Canadian Cancer Society. Caregiving (Ultimo accesso 17 Settembre 2021).

National Cancer Institute. When someone you love has cancer, Settembre 2014.

Cancer.Net. Caregiving Basics, Agosto 2019.

Johns Hopkins Medicine. Being a caregiver (Ultimo accesso 15 Settembre 2021).

Johns Hopkins Medicine. Called to care: a guide for family and friends (Ultimo accesso 17Settembre 2021).

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