Come condividere la notizia di un tumore

LEUCEMIA LINFATICA CRONICA

Come condividere la notizia di un tumore

“Ho un tumore”: sono parole molto difficili da pronunciare per chi riceve una diagnosi di questo tipo. E possono essere ancora più pesanti nel momento in cui si prova a condividere questa notizia con altre persone, familiari, amici, colleghi.

» “Ho un tumore”: sono parole molto difficili da pronunciare per chi riceve una diagnosi di questo tipo. E possono essere ancora più pesanti nel momento in cui si prova a condividere questa notizia con altre persone, familiari, amici, colleghi.

Modi e tempi per comunicarlo sono del tutto personali, e c’è anche chi decide di non farlo o non farlo subito, e questa scelta può essere determinata da diversi motivi: non si è ancora pronti a parlarne; non si è pronti a gestire le reazioni degli altri di paura, sconforto, rabbia; si teme di veder gli altri allontanarsi; non si desidera essere commiserati, compatiti o trattati con condiscendenza.

Tuttavia, parlare con gli altri della propria malattia può essere necessario per stare meglio, per affrontare il percorso di cura emotivamente ma anche praticamente, per ricevere supporto e dare alla possibilità agli altri di offrirlo e condividere questo percorso.

Come fare? A chi dirlo? Quando dirlo? Non esiste un protocollo da seguire, ma diverse organizzazioni come l’American Cancer Societye, la Leukemia & Lymphoma Society hanno condiviso nel tempo una serie di riflessioni che possono rappresentare una guida su come comportarsi in diverse situazioni. Eccone alcune.

Il primo pensiero che si affaccia alla mente di chi riceve una diagnosi tumorale è “a chi dirlo?”. Di solito i primi a cui rivelare la malattia sono i coniugi o conviventi, coloro che condividono ogni aspetto della nostra vita.

E poi? Si possono distinguere a questo punto due tipi di interlocutori: le persone a cui si vuole dare la notizia perricevere supporto emotivo e/o pratico e le persone a cui si deve prima o poi comunicare la situazione perché potrebbe avere un impatto su di loro.

Un approccio consigliato per mettere ordine tra le idee è quello di stilare una lista di persone a cui si desidera parlare di persona e con una certa urgenza. In coda alla lista annotare i nomi di chi può venire a saperlo con più calma, magari da una delle persone più vicine, senza che ci si debba preoccupare di annunciarlo in prima persona, riducendo la sofferenza emotiva.

Il coniuge o partner è probabilmente la prima persona ad essere coinvolta in questa conversazione, quando non abbia già partecipato alle visite e al percorso diagnostico, anche perché dovrà offrire supporto emotivo e pratico.

Tuttavia, è anche possibile che non si voglia informare il partner o lo si voglia coinvolgere solo in parte, per paura di un eventuale allontanamento o magari per non essere di peso o non essere compatiti. In questa situazione forse, un supporto psicologico, individuale o di coppia, può aiutare la comunicazione nella relazione ed essere fondamentale per affrontare insieme il percorso di cura.

Ci sono poi eventuali fratelli, sorelle, figli, genitori, nipoti. La scelta di parlare o meno, come anche cosa dire èinevitabilmente condizionata dai rapporti familiari e dalle situazioni personali, dalla malattia, anche dagli interlocutori che si hanno davanti. Per esempio, se un genitore è molto anziano e/o lontano è giusto renderlo partecipe di questa situazione? Dipende, dalla relazione con quel genitore e dal carattere o dalle condizioni del genitore stesso.

In una situazione di rapporti familiari non conflittuali, in cui ci si frequenta e ci si vuole bene, tuttavia, si consiglia di parlare apertamente con i membripiù stretti della famiglia: sono le persone che vi amano anche quelle sulle quali la notizia avrà un impatto. Sono anche quelli con cui è necessario stabilire una comunicazione trasparente e onesta, con cui indicare di che tipo di sostegno avete bisogno in diversi momenti. Prima di dare la notizia, tuttavia, è consigliabile fare una serie di riflessioni:

-Voglio parlare a tutti insieme o avere conversazioni private?

-In che dettaglio voglio andare in questa prima comunicazione? Posso lasciare le informazioni specifiche per conversazioni successive?

-Quali domande potrebbero avere per me? Cosa posso o voglio rispondere? Posso dire semplicemente che non sono pronto ad avere una conversazione tanto approfondita?

-Quali reazioni potrebbero avere? Sono pronto a dover essere io a confortare loro se reagiscono con dolore, rabbia, sgomento?

-Voglio farlo da solo o voglio avere il mio partner con me?

-Può essere utile chiedere consiglio al mio medico o a uno psiconcologo prima di avere questa conversazione?

Alcuni amici sono come parte della famiglia e, quindi, il discorso è esattamente lo stesso.

Con chi, invece, non avete altrettanta confidenza, tutto dipende da come vi sentite. Non è necessario dire tutto né subito, ma è opportuno ricordare che prima o poi verranno a sapere qualcosa. Parlando con loro in prima persona o delegando a qualcuno di cui vi fidate avrete la possibilità di gestire la comunicazione, di controllare le informazioni, didefinire dei limiti entro cui siete a vostro agio. Di nuovo bisogna essere pronti alle reazioni altrui.

La risposta è: tutte quelle possibili. Nel migliore dei casi le persone sapranno ascoltare e offrirvi il loro supporto in maniera opportuna, ma non si può fare una colpa a chi non è in grado di gestire la notizia.

Ci sarà chi reagirà esternando dolore ed emotività, paura, rabbia. Ci sarà chi vorrà sapere tutto subito e avrà mille domande. Alcuni potranno essere fin troppo desiderosi di aiutare e diventare invasivi, mentre altri potrebbero non dire nulla per paura di sbagliare. Alcuni magari non si faranno vivi a lungo per paura di disturbare o perché non sanno come relazionarsi a voi in questa situazione.

Molte di questereazioni potrebbero avere un effetto negativo su di voi. Potrebbero farvi sentire in colpa, soli, in difficoltà.

Il consiglio è di concentrarsi su quello che voi potete fare e controllare, ma soprattutto sul vostro benessere e la vostra salute. Ecco alcuni consigli per riuscire a gestire alcune situazioni:

•A chi fa troppe domande, vuole essere onnipresente e perennemente aggiornato la cosa più semplice da dire è “Grazie per il tuo supporto”, e poi proseguire spiegando come ci si sente: “non mi sento di entrare nei dettagli”, “in questo momento non ho bisogno di nulla, ma ti prendo in parola e mi farò vivo”.

•Si può ringraziare chi reagisce condividendo storie, consigli e rimedi miracolosi, ma far loro presente che si ha fiducia nel proprio team di cura.

•Conchi vuole tirarvi su a ogni costo potete essere onesti e dire che in questo momento non riuscite a essere allegri e suggerire qualcosa che possono fare o di cui possono parlare per farvi piacere. Il loro obiettivo è quello.

•Se qualcuno che vi è particolarmente caro vi sta lontano e il suo gesto vi addolora, può essere opportuno chiedere un confronto e far presente apertamente che ne soffrite. Almeno avrete fatto un tentativo.

Dover rivelare la malattia a un bambino può essere un pensiero angosciante, che si vuole posticipare il più possibile. Nascondere completamente la verità, tuttavia, può essere controproducente e perfino più traumatizzante per i bimbi: sicuramente percepiranno che qualcosa non va e potrebbero preoccuparsi più del dovuto, cambiare comportamento, sentirsi allontanati o respinti e, soprattutto, non avere la possibilità di capire e affrontare quello che succede intorno a loro e che ha comunque un impatto su di loro.

È importante usare parole adatte all’età dei bambini e fornire informazioni a un livello che corrisponda alla loro capacità di comprensione.

Alcuni esperti consigliano di ritardare la comunicazione ai bambini finché non si è consapevoli dell'entità della malattia e del corso di trattamento che si intende seguire, per poter dare loro l’immagine completa. Le loro domande saranno la guida migliore per capire cosa e quanto dire, e un atteggiamento positivo e ottimista è sicuramente rassicurante.

Può essere utile parlare prima con un esperto come uno psicologo infantile. Uno psicologo può essere di supporto anche per capire come parlare e relazionarsi con un figlio adolescente che può avere reazioni più imprevedibili, magari chiudersi o manifestare rabbia e comportamenti autolesionisti. Ilcompito più difficile potrebbe essere quello di mantenere il proprio ruolo di genitore e guida e in questo non si deve esitare a chiedere aiuto.

Sebbene si tratti di un argomento che riguarda la sfera personale, potrebbe essere necessario dovercomunicare la malattia al datore di lavoro, in primo luogo perché la malattia e il percorso di cura possono influire sulla capacità di svolgere il proprio lavoro quotidiano, ma anche per far valere i propri diritti di paziente oncologico.

Inoltre, comunicando chiaramente e per tempo potrebbe essere più semplice trovare soluzioni condivise, come individuare un collega in grado di affiancarvi o sostituirvi temporaneamente, o trovare un modo per ridistribuire le vostre mansioni fino a che non vi sarete ristabiliti.

È opportuno consultare un professionista per avere chiari i propri diritti e doveri e per confrontarsi sulle specificità della propria situazione prima di agire, o anche per chiedere un supporto diretto nella comunicazione con il datore di lavoro.

Per quanto riguarda i colleghi, se lavorate in un team, può essere necessario dover annunciare che, per “motivi di salute”, non sarete in grado di svolgere il vostro lavoro come fatto finora e valutare insieme alla squadra come fare per portare avanti progetti e quotidianità. Cosa e quanto dire è di nuovo una scelta personale, non è detto che si debba andare oltre una segnalazione generica di cortesia, fatta per non avere un impatto negativo sui colleghi.

Cosa dire e a chi dipende soprattutto dai rapporti che si sono instaurati con i colleghi, se l’ambiente di lavoro è collaborativo e di supporto o invece diffidente e negativo, se ci si fida o magari solo se è necessario che i colleghi sappiano cosa fare e chi chiamare in caso aveste improvvisamente bisogno di aiuto.

l consiglio principale è quello di trovare sempre qualcuno con cui parlare e comunicare, ma allo stesso tempo di non sforzarsi rispetto a chi, come, quando e quanto farlo. Può essere controproducente, nel momento in cui ci si apre, fingere uno stato d’animo che non si prova o una falsa serenità. Spesso le persone intorno a noi riflettono il nostro umore, soprattutto quando vogliono farci piacere, e questo può originare situazioni spiacevoli, stancanti, faticose.

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Bibliografia e Fonti:

Leukemia & Lymphoma Foundation. Do I Tell Anyone I Have Cancer?(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

Leukemia &Lymphoma Foundation. Talking with family, friends and children(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

American Cancer Society. Telling Others about Your Cancer(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

Cancer Council.Telling Friends and Family(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

Cancer Council. Emotions and Cancer. www.cancercouncil.com.au/wp-content/uploads/2020/04/UC-pub-Emotions-and-Cancer-2019.pdf A guide for people with cancer, their families and friends (Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

Cancer Council. Talking to Kids About Cancer. A guide for people with cancer, their families and friends(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

Cancer Council. www.cancer.org.au/assets/pdf/cancer-work-and-you Cancer, Work and You (Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

MacMillan Cancer Support.Talking About Your Cancer diagnosis(Ultimo accesso 11 Febbraio 2021).

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