"Idoneità significa capire qual è il trattamento giusto, per il paziente giusto.” Ogni terapia è una chiave che deve entrare in una serratura: chiave e serratura sono, rispettivamente, il paziente e la strategia terapeutica.
Molto spesso, però, i pazienti possono provare ansia.
“E un’ansia gestibile,” ci ricorda la Dottoressa Elisa Scaburri, un fattore di stress mentale del quale si possono prendere carico gli psiconcologi.
Il loro sforzo consiste nel far capire al paziente che la terapia scelta dall’equipe medica per loro, è la terapia giusta.
Da quando la chance terapeutica CAR-T è entrata nell’armamentario di cura, si stanno dedicando molte energie a questo tema. È bene comunicare al paziente che aumenta il numero di medici che si occupano di lui, sebbene questi medici siano in dialogo fra loro. Il paziente, dunque, non sta abbandonando il percorso di cura intrapreso in precedenza, ma questo sarà arricchito da nuove opportunità terapeutiche.
Il tema del trasferimento, da un punto di vista psicologico, come ci ricorda la Dottoressa Elisa Scaburri, “genera solitamente delle angosce di abbandono.” E fondamentale assicurarsi che il passaggio sia il meno traumatico possibile, che il paziente si senta accolto e compreso. A questo scopo, la comunicazione fra diverse equipe mediche è di vitale importanza.
“Serve tanta chiarezza: sapere che non è una terapia pronto-uso, e che abbiamo necessità della cosiddetta terapia-ponte.”
La Professoressa Elena Rossi ci ricorda che il paziente deve accettare la necessità di un percorso “bridge”, un ponte terapeutico, in attesa di ricevere questa terapia innovativa.
La Professoressa Elena Rossi ci parla degli effetti collaterali e del monitoraggio del paziente: “Senza spaventarlo, bisogna spiegare fin dall’inizio che sono trattamenti che si portano dietro delle possibilità di complicanze, che queste complicanze finché il paziente è ricoverato, sono ben gestite.”
Paziente e caregiver dovranno invece prestare massima attenzione fuori dall’ospedale: comunicare ai medici eventuali percezioni o dispercezioni, segnalare e dunque non sottovalutare eventuali disagi fisici.
Sarà poi compito del medico curante decidere per il ricovero o per il supporto domiciliare, comunicando in modo chiaro e preciso, per non spaventare il paziente.
Il primo mese è cruciale: il medico mantiene un contatto frequente con il paziente. Dopo di che, il follow-up si caratterizza per un alto livello di sorveglianza.
“E importante comunicare al paziente che ognuno di loro ha una sua storia particolare,” sottolinea la Professoressa Elena Rossi.