Come tutte le malattie croniche, anche la Malattia di Crohn richiede terapie costanti e protratte nel tempo, che possono “stancare” il paziente.
Inoltre, quando la malattia appare silente, il paziente può essere indotto ad “abbassare la guardia” e distogliere la propria attenzione sia dai farmaci che dalle “regole” comportamentali (stile di vita, diete, ecc.), che invece lo proteggono dalla riattivazione della patologia.
Certo, seguire le terapie richiede impegno, costanza, dedizione e una forte motivazione. Non è sempre facile.
Per i giovani pazienti adolescenti c’è poi un ulteriore scoglio: in un periodo della vita in cui sentirsi diversi dagli amici è un tabù, alla fatica della malattia si aggiunge la necessità di una vita diversa.
Ecco perché è essenziale comprendere l’immenso valore che l’aderenza terapeutica porta con sé: la terapia è un’alleata preziosa, una compagna di viaggio con cui convivere giorno dopo giorno, con cui misurarsi, talvolta scontrarsi, ma della quale non si può fare a meno.
Cosa significa rispettare la terapia con la malattia di Crohn?
Ricordiamo innanzitutto che aderenza alla terapia non vuol dire solo assumere i farmaci prescritti, ma anche rispettare gli appuntamenti con il medico, seguire la dieta raccomandata o il giusto stile di vita. Sono tantissimi i motivi che portano alla non aderenza, quelli che vengono indicati più spesso sono:
mancanza di tempo e difficoltà a conciliare il tempo della vita con quello della malattia;
non comprensione o sottovalutazione dell’importanza delle cure;
percezione, errata, che le cure non abbiano l’effetto desiderato.
Eppure la terapia resta la vera e unica alleata di tutti i pazienti, e così bisogna intenderla, diventando i principali protagonisti nella gestione della propria malattia. A qualunque età.
Come agevolare l’aderenza alle cure? Attraverso piccole strategie.
Strategie educative
Favorire l’aderenza alle cure attraverso piccole strategie in grado di aumentare la conoscenza e la consapevolezza del paziente, in particolare finalizzate a:
migliorare la conoscenza dei pazienti sulle malattie infiammatorie croniche intestinali e sui loro sintomi;
migliorare la conoscenza sui meccanismi d’azione delle terapie e sui benefici che comporta l’aderenza;
informare sulle conseguenze della mancata aderenza e sui potenziali effetti collaterali del trattamento.
Gli studi dimostrano che è doppio il numero di malati che aderisce alla terapia quando capisce qual è l'obiettivo della prescrizione, rispetto a quelli che non comprendono.
Strategie di comportamento
Favorire l’assunzione dei farmaci prescritti e quindi rafforzare l’aderenza attraverso un regime farmacologico più semplice, attraverso l’utilizzo di sistemi di promemoria visivi o uditivi e organizzativi (app del cellulare che ricordano con le sveglie il momento delle terapie; contenitori per farmaci, suddivisi per ora e per giorno, per non confondere un giorno con un altro) o attraverso ricompense (soprattutto per i più piccoli), per aver assunto i farmaci, come da prescrizione.
Favorire la semplificazione: adattando la somministrazione dei farmaci alla vita quotidiana. Per molte persone assumere un farmaco prima di andare a letto è più semplice che assumerlo all’ora di cena. O viceversa. Talvolta bastano piccoli cambiamenti per rendere la vita più semplice. Una strategia utile per seguire ogni aspetto della patologia è quello di compilare un diario delle terapie e delle attività quotidiane, annotando le reazioni, le difficoltà e le ansie. Sarà poi uno strumento utilissimo da portare alle visite per parlare con il medico e affrontare tutti i dubbi e analizzare i risultati ottenuti.
Favorire il monitoraggio: mai mancare le visite con gli specialisti, anche se si pensa che siano superflue,
l’appuntamento con il medico aiuterà a confrontare ogni volta ciò che è stato fatto rispetto a quanto ci è stato suggerito.
Strategie di comunicazione
Le ricerche indicano che il 50% dei malati lascia l’ambulatorio del medico non avendo chiaro ciò che gli è stato detto, che almeno il 50% degli aspetti psico-sociali della malattia non viene sfiorato nel colloquio e che il medico interrompe il malato in media ogni 18 secondi, quando descrive i suoi problemi.
La comunicazione tra il malato e il medico dovrebbe essere un’alleanza, un patto terapeutico, che permetta al malato di affrontare al meglio la malattia, sentendosi protagonista e supportato in ogni difficoltà.
Attenzione al linguaggio: non sempre ciò che viene detto e spiegato risulta chiaro o semplice. Per questo è importante, se non si è compreso qualcosa, chiedere, domandare, senza vergogna.