Per MRD si intende un piccolo numero di cellule tumorali rimaste nell'organismo dopo il trattamento anti-tumorale. Queste cellule possono potenzialmente tornare e causare una recidiva, ovvero una ripresa della malattia e di conseguenza, identificarne la presenza può aiutare il medico a comprendere quale potrebbe essere la prognosi e il decorso della malattia e, in alcuni casi, anche a decidere quale trattamento effettuare1-3.
Gli autori di un “Expert Paper” tutto italiano pubblicato nel 2023 fanno notare che recentemente il termine ‘minimo’ è stato sostituito da ‘misurabile’ (malattia misurabile residua). Questo cambiamento riflette il fatto che ad oggi non è ancora chiaro quale sia la soglia minima di malattia (e quindi il numero minimo di cellule tumorali) da raggiungere per eliminare realmente il tumore4.
Non bisogna poi dimenticare che la capacità di identificare le cellule tumorali in un campione biologico (sangue o midollo osseo nel caso della MRD) dipende strettamente dal tipo di tecnica utilizzata.
Ecco le più comuni, ciascuna con i suoi pro e i suoi contro2-5.
Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, gli esperti sono concordi sulla necessità di basarsi solo su metodiche validate e di rivolgersi esclusivamente a laboratori certificati4.
Negli anni la MRD è diventata senza dubbio un parametro di grande rilievo nella pratica clinica di chi si occupa di tumori del sangue, in particolare per il suo valore nel determinare la prognosi5,6.
Per esempio, un valore di MRD (e quindi un numero di cellule tumorali rimaste) al di sotto di determinate soglie si associa a una sopravvivenza libera da progressione (PFS) e a una sopravvivenza globale (OS) più lunghe nei pazienti con leucemia5.
Questo valore prognostico è confermato anche nel caso di pazienti con mieloma multiplo nei quali – a differenza di quanto succede in altre malattie del sangue – il raggiungimento di una MRD negativa si lega a risultati migliori indipendentemente dal momento in cui tale risultato viene ottenuto4. In alcuni tipi di linfoma, infine, avere una MRD positiva a fine trattamento si associa a un rischio maggiore di recidiva4.
Dal punto di vista della ricerca clinica, sono sempre più numerosi gli studi che utilizzano la MRD come endpoint secondario, inserendo quindi questa misurazione tra i parametri da valutare all’interno di una ricerca. In alcuni casi, inoltre, si potrebbe ipotizzare di usare il parametro MRD per predire la sopravvivenza del paziente e di conseguenza per accelerare alcune procedure di approvazione di un farmaco, ma ad oggi è ancora troppo presto per poter estendere questa ipotesi a tutti i tumori del sangue4,6.
In futuro, i dati derivati dagli studi clinici su MRD potranno aiutare a decidere la migliore strategia terapeutica, cucita su misura per il singolo paziente, ma come spiegano gli autori dell’expert paper, il primo passo per portare in clinica ciò che emerge dagli studi è la creazione di una rete di laboratori del territorio italiano per ottenere dati precisi e attendibili4.
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