La depressione può essere una delle complicanze più frequenti per le donne nel periodo perinatale - che comprende la gravidanza, il puerperio e i dodici mesi successivi al parto - eppure, ancora oggi, purtroppo sottovalutata e non sempre adeguatamente monitorata.
Ansia, sbalzi d’umore e timori di varia natura possono essere comuni durante la maternità. Tuttavia, se questi stati d’animo diventano persistenti potrebbero sfociare in disturbi depressivi, capaci non solo di diventare potenzialmente invalidanti ma anche di influenzare il rapporto con il bambino in arrivo.
È stato stimato che in Italia, ogni anno, la depressione pre o post partum (detta anche depressione perinatale perché interessa il periodo della gravidanza al primo anno dopo il parto) colpisce il 16% delle donne che affrontano la maternità 1.
Se della depressione post-partum (DPP) o di “maternity blues” (sintomi lievi e transitori di depressione, in una forma benigna) si parla frequentemente, molto poco invece si sa della depressione pre-parto (o depressione prenatale), ovvero quella sofferenza psichica che può colpire la donna durante il periodo della gravidanza.
Anche in questo caso, è frequente che la depressione prenatale non venga riconosciuta, sia per il suo insorgere insidioso, sia perché spesso non vengono associati i sintomi al disturbo vero e proprio o si ha difficoltà a chiedere aiuto ad uno specialista2.
Dopo un iniziale interesse rivolto quasi esclusivamente ai disturbi depressivi del post-partum, negli ultimi anni la ricerca ha cominciato a studiare anche la depressione che si presenta durante il periodo della gravidanza.
È stato evidenziato, ad esempio, che a livello globale, esiste addirittura una prevalenza del disturbo depressivo del 15-20% nel periodo prenatale a fronte di un 16-18% nel periodo post partum, con percentuali più elevate nei paesi a basso e medio reddito 3.
La depressione in gravidanza si manifesta in 1 donna su 10 con un picco di frequenza intorno alla 32° settimana di gestazione 4. Tuttavia, seppur la depressione possa rappresentare una complicanza della gravidanza, resta difficile – soprattutto nel periodo ante parto – distinguere tra disturbi fisiologici (stanchezza, ad esempio, o cambiamenti dell’appetito), comunemente riscontrati in gravidanza e sintomi depressivi veri e propri.
Questo può indurre a non identificare correttamente una situazione patologica, sottovalutandone appunto la sintomatologia.
Per depressione in gravidanza si intende l’emergere di uno stato depressivo, o anche di intensa tristezza o apatia, nel corso dei 9 mesi di gestazione. Essa può essere la manifestazione di un continuum depressivo o una ricorrenza di una condizione depressiva precedente, collegata a un evento singolo e individuabile. La depressione pre-parto, invece, è collegata a un periodo decisamente più lungo e più articolato, visto che la gestazione è attraversata da diverse fasi, ciascuna portatrice di specifici cambiamenti fisici e fisiologici5.
Quali segnali, quindi, possono aiutarci a riconoscere la depressione in gravidanza?
È fondamentale chiarire che le emozioni ambivalenti tipiche di questo periodo non devono essere confuse con la depressione. I sintomi specifici si differenziano per la loro persistenza nel tempo e per l'intensità, e solo uno specialista della salute mentale può valutarli individualmente. Detto ciò, osservare i cambiamenti personali può rappresentare il primo passo nel rilevare eventuali problematiche e, se necessario, cercare aiuto. Sintomi depressivi in gravidanza possono essere associati ad una patologia intrinseca oppure correlati ad eventi di vita stressanti. Le più tipiche manifestazioni sono:
Anche se la maternità è un potenziale fattore di rischio per lo sviluppo di psicopatologia, quando sono presenti elementi di vulnerabilità biologica, psicologica e ambientale, la gravidanza può costituire una condizione che può portare a sviluppare sintomi depressivi 7. Per quanto riguarda i fattori di rischio della depressione pre-parto, è utile citare il documento “Prevenzione, diagnosi e trattamento della psicopatologia perinatale” a cura dell’Osservatorio Nazionale della Salute della Donna in cui si legge: “ciascun fattore di rischio assume un significato in relazione al soggetto, alla sua cultura, alla sua resilienza e al momento e durata del suo impatto. Nella loro complessa interazione non è possibile stabilire una specifica relazione causa-effetto, né se agiscano sinergicamente o singolarmente. Tra i principali fattori di rischio in letteratura si riconoscono: storia psichiatrica pregressa; precedente storia di psicopatologia in gravidanza o postpartum; familiarità per disturbi psichiatrici; recenti eventi di vita stressanti (es.: lutti, malattie, aborti, violenza domestica); storia di abuso (fisico, sessuale, psicologico); relazione conflittuale con il partner; mancanza di supporto familiare/sociale; gravidanza non desiderata o non programmata; vulnerabilità ormonale (es.: donne con storie di Sindrome Pre Mestruale SPM, Disturbo Disforico Pre Mestruale DDPM, pregressa depressione postpartum); patologia medica della madre (es.: disturbi tiroidei, diabete); complicanze fetali (es.: malformazioni primarie e/o secondarie); uso di sostanze psicoattive (stupefacenti, alcool, sostanze dopanti) 8”. A questi fattori di rischio, si aggiungono altri fattori che potrebbero spiegare la maggiore vulnerabilità delle donne alla depressione durante (e dopo) la gravidanza, compresi i cambiamenti fisici, emotivi e ormonali associati proprio alla particolare condizione, così come il cambiamento di vita e la ridefinizione familiare che l’avere un figlio comporta.
La depressione prenatale potrebbe non comportare solo effetti negativi per la madre, ma anche per la salute del neonato. È stato infatti dimostrato come la presenza di una sintomatologia psichiatrica/depressiva durante la gravidanza si caratterizzi come un fattore di rischio per lo sviluppo di problematiche comportamentali e della salute mentale anche nei figli. Inoltre, uno stato depressivo materno può essere associato ad un basso peso alla nascita, a prematurità e a malnutrizione infantile durante il primo anno di vita9.
Seppur la depressione possa essere, come abbiamo già detto, una delle più comuni complicanze della gravidanza, fino ad oggi non sono state introdotte nella pratica clinica misure di screening né strategie di intervento preventivo per ridurre il rischio di sviluppare sintomi depressivi.
Eppure, sempre dalle linee guida per la “Prevenzione, diagnosi e trattamento della psicopatologia perinatale” citate in precedenza, si legge che “un’attenzione particolare al periodo della gravidanza e del puerperio dovrebbe essere riservata indipendentemente dalla presenza di condizioni psicopatologiche, in quanto la maternità risulta essere un’epoca di crisi e di cambiamento al quale spesso la donna fatica ad adattarsi” 10.
Può accadere, infatti, che la presenza di emozioni ambivalenti e contrastanti caratterizzi questo percorso di accettazione e di adattamento alla maternità. Ecco perché saper interpretare eventuali segnali di disagio in gravidanza diventa importante per il benessere e la salute di mamma e nascituro.
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