Depressione post-partum: un viaggio verso la guarigione

Depressione post-partum: un viaggio verso la guarigione

La fase iniziale della maternità è un momento estremamente delicato: imparare a riconoscere i segnali di un possibile disagio emotivo può aiutare le neomamme nel rapporto con il bambino e con loro stesse.

Si sente spesso dire che quello immediatamente dopo la gravidanza è un periodo “magico” per la madre. Per quanto questo possa essere vero, la nascita di un figlio è anche un momento emotivamente molto delicato perché l’ingresso nella maternità in alcuni casi dà un’instabilità psico-emotiva che deriva dal trovarsi ad affrontare sentimenti e stati d’animo nuovi che non trovano immediato riconoscimento.
La depressione post partum (DPP), patologia complessa a patogenesi non ancora chiarita, rappresenta la più rilevante complicanza psichica relativa al periodo di qualche settimana successivo al parto, seppur con ampia variabilità, si stima che colpisca circa il 10-15% delle donne occidentali che partoriscono. Si può parlare di depressione post partum se i sintomi - che adesso vedremo - si manifestano entro le prime 4-6 settimane dopo l’evento parto, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. Secondo uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità sulla DPP, una prevalenza maggiore della patologia “si riscontra nelle donne che vivono in condizioni socioeconomiche disagiate, appartenenti a etnie minoritarie e tra le primipare adolescenti. C’è comunque variabilità tra le frequenze stimate per aspetti territoriali e culturali, per ragioni metodologiche riguardanti la scelta del campione, il tempo intercorso fra il parto e la rilevazione della presenza di sintomatologia depressiva, lo strumento di screening e/o il valore soglia utilizzati, la tendenza ad attribuire un valore diagnostico ai risultati degli screening” 1.
Quello che è emerso dalla stessa ricerca dell’ISS è che il riconoscimento precoce e il tempestivo trattamento dei disturbi psichici possono modificare gli esiti di salute della madre, del neonato e di tutto il nucleo familiare.

Sintomi e cause della depressione post partum

I sintomi generali della depressione post-partum sono paragonabili a quelli della depressione maggiore: tristezza estrema e sbalzi repentini di umore, pianto incontrollabile e disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia) o dell’appetito (perdita dello stesso o iperfagia), irritabilità, rabbia, estrema stanchezza, mal di testa. Più specificatamente, con la DPP, la neo mamma può soffrire preoccupazioni eccessive o, al contrario, disinteresse nei confronti del bambino, sensazioni di inadeguatezza per il nuovo ruolo, paura di fargli del male e sensi di colpa per i propri sentimenti.
La DPP varia di caso in caso per intensità (da lieve a grave, fino a casi in cui si rendono necessari terapia farmacologica e ricovero) e per durata (da qualche settimana ad un anno); inoltre, alcune donne possono avere ricadute nel periodo della prima infanzia fino ai 3 anni del bambino. Allo stato attuale, la depressione post partum viene considerata una patologia determinata da fattori genetici, biologici e ambientali. Tuttavia, seppur le cause non siano ancora del tutto chiare, ci sono situazioni che possono contribuire o aumentarne il rischio: presenza di uno stato depressivo sviluppato prima o durante la gravidanza (la cosiddetta “depressione pre-parto”) o DPP in una precedente gravidanza, familiarità per depressione (anamnesi familiare), problemi correlati alla gravidanza o sentimenti contrastanti rispetto alla stessa (ad esempio perché non programmata) e problemi dell’allattamento. Anche la recente pandemia da Covid-19, con le annesse misure di isolamento fisico e sociale, hanno causato un incremento di ansia e depressione post partum2. Nell’articolo “Depressione post partum: prospettive future”, le dott.sse Pinna e Del Zompo hanno messo in evidenza il ruolo della genetica nell’improvvisa riduzione dei livelli ormonali che può contribuire alla comparsa della malattia: “gli studi di genetica hanno mostrato un possibile coinvolgimento di polimorfismi di geni codificanti per il trasportatore della serotonina, per i recettori 5HT2A e 5HT2C, dei geni HMCN1 e METTL13, dei recettori D2 e dei recettori GABAA (GABAAR). Il coinvolgimento di questi sistemi potrebbe fornire una spiegazione sulla relazione tra alterazioni genetiche, fluttuazioni ormonali nel post partum, alterazioni neurotrasmettitoriali e fluttuazioni dell’umore caratteristiche della DPP” 3.

Che cos’è il “Baby blues”

La depressione post partum è più comune di quanto si possa pensare e può manifestarsi in diverse forme. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, infatti, fino al 50-85% delle neomamme, nei primissimi giorni dopo il parto, può sviluppare sintomi lievi e passeggeri di una forma fisiologica di depressione chiamata “baby blues” per lo stato di malinconia che caratterizza questo momento4. La principale differenza con la DPP è che non condivide con essa il carattere della persistenza ma, al contrario, è un malessere transitorio e, non trattandosi di uno stato patologico, non necessita di uno strutturato intervento terapeutico (farmacologico o psicoterapico), in quanto, generalmente, tende a risolversi spontaneamente entro due settimane. La sua insorgenza è dovuta principalmente al drastico cambiamento ormonale nelle ore successive al parto (crollo degli estrogeni e del progesterone) e alla spossatezza fisica e mentale causata dal travaglio e dal parto stesso. Il baby blues è caratterizzato da umore instabile, crisi di pianto, stanchezza e tristezza, che tuttavia non alterano la capacità della donna di prendersi cura del proprio bambino (al contrario della depressione post partum che invece è invalidante, interferendo con le attività della vita quotidiana). I sintomi possono presentarsi uno per volta oppure apparire insieme e possono alternarsi nel tempo con gradi diversi a seconda dei casi. Resta, comunque, una condizione benigna che non causa danni alla madre o al bambino. Tuttavia, in circa il 10-15% delle donne che hanno sofferto di baby blues, i sintomi persistono sfociando in un vero e proprio episodio depressivo5.
Nella depressione post partum i sintomi sono più intensi e persistono da almeno due settimane, in maniera continuativa. Proprio questo passaggio, se colto per tempo dalla neomamma e dalle persone che la circondano, può portare a una maggiore probabilità di risoluzione della malattia.

L’impatto su madre e bambino

La DPP, oltre ad avere conseguenze dirette sulla salute della donna, interferisce sulla relazione madre-bambino con il rischio di importanti conseguenze. Alla nascita di un figlio, per la madre sarebbe utile trovare uno spazio mentale non solo per il bambino, ma anche per una nuova identità personale. Questi cambiamenti identitari - così come quelli ormonali - possono confondere e spaventare la donna che spesso sperimenta sensazioni di perdita di sé e dei propri riferimenti. La depressione post partum, se non riconosciuta e trattata, interferisce con le abilità della mamma di instaurare un interscambio emozionale con il bambino (si accentua, ad esempio, il distacco fisico e psichico, non lo si vuole toccare o abbracciare) e con l’attaccamento. Con la depressione post partum, le donne sviluppano, nel tempo, un senso di colpa nei confronti del neonato, motivato da un sentimento di inadeguatezza avvertito nello svolgere il nuovo ruolo. Le neomamme si vergognano di ciò che provano e hanno paura di fare del male al bambino o di essere incapaci di prendersene cura.

Aiuto e prevenzione della depressione post partum

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato linee guida aggiornate per la cura della mamma e del neonato nelle prime settimane di vita, rivolte sia alle donne sia ai medici e agli operatori sanitari che assisteranno mamma e bimbo durante il parto e nel post-parto6. Inoltre, programmi di screening per l’individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum, effettuati già in occasione della prima visita con il medico di famiglia o con lo specialista, o, nell’immediato post partum, come parte integrante della valutazione del benessere psicofisico della donna, nonché successivi interventi clinici realizzati in varie regioni italiane, hanno fornito risultati di grande interesse e suggeriscono che diagnosi e interventi terapeutici precoci e strutturati risultano efficaci e ben accettati dall’utente. Decisamente utili anche le risorse (organizzazioni, gruppi di supporto online o linee telefoniche dedicate) reperibili in rete con fonti verificate. Il punto è: non c’è alcuna vergogna nell’avere a che fare con la depressione post-partum e nessuna donna deve trovarsi ad affrontarla da sola.

Bibliografia

  1. www.epicentro.iss.it/ben/2021/1/screening-depressione-post-partum-rieti
  2. www.janssenconte.it/it-it/abcdepressione/news/covid-19-triplicati-i-casi-di-depressione -post-partum
  3. www.rivistadipsichiatria.it/archivio/1128/articoli/12440/
  4. www.iss.it/documents/20126/1773424/DEF_Rapporto_Istisan_DPP.pdf/243364ab-8dad-f20a-06b5-0ddd026e55e4?t=1576431590387#:~:text=Si%20stima%20che%20nel%20mondo,grave%20carenza%20in%20sanità%20pubblica.
  5. www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?id=4496&area=Salute%2 0donna&menu=nascita#:~:text=ll%2010%2D15%25%20delle%20puerpere,25%25%20ancora%2 0dopo%201%20anno
  6. www.who.int/news/item/30-03-2022-who-urges-quality-care-for-women-and-newborn s-in-critical-first-weeks-after-childbirth

Fonti

Sezione di Neuroscienze e Farmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Cagliari

Istituto Superiore di Sanità

Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

World Health Organization

Manuali MSD

Manuali MSD

Sezione di Neuroscienze e Farmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Cagliari

Lumsa

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