Depressione: i numeri e gli effetti economici e sociali in italia

Depressione: i numeri e gli effetti economici e sociali in Italia

La depressione ha indubbiamente un impatto notevole sulla qualità della vita delle persone che ne soffrono e dei loro familiari e amici. Allo stesso tempo, genera anche importanti costi sociali ed economici che in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, sono aumentati anche a causa della pandemia.

La depressione è una malattia diffusa a livello globale, con stime che arrivano a 280 milioni di persone nel mondo. Più precisamente, nel 2021 colpiva intorno al 3,8% della popolazione; percentuale leggermente più bassa tra gli adulti, al 5,0%, più alta invece tra gli adulti di età superiore ai 60 anni, attestata al 5,7%. Questa patologia coinvolge dunque l’intera popolazione, indipendentemente dall’età e con un maggior impatto sulle categorie più fragili, quali anziani e giovani.

Recentemente, l’attenzione di medici ed esperti si è posata, in modo particolare, proprio sull’età più giovane: una metanalisi pubblicata su Jama Pediatrics, costituita da 29 studi che hanno coinvolto oltre 80mila ragazzi, ha evidenziato chiaramente l’entità del problema a livello globale. I dati mostrano con chiarezza che un adolescente su quattro presenta al giorno d’oggi sintomi clinici associati alla depressione, mentre uno su cinque presenta segni di un disturbo d’ansia.

In particolare, è il ‘Long Covid della mente’ a preoccupare gli studiosi: secondo uno studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, che ha coinvolto un totale di quasi 1500 persone tra bambini, adolescenti e giovani adulti fino ai 30 anni, la presenza di sintomi continui associati a disturbi depressivi in giovane età rischia di causare complicazioni nella vita adulta, fa crescere il rischio di sviluppare ansia e problematiche di salute, oltre che difficoltà nell’intrattenere relazioni sociali. Tuttavia, non sono solamente i giovani a soffrire di questi disturbi, ma si tratta di un fenomeno che affligge l’intera società.

Negli ultimi due anni, infatti, con la diffusione della pandemia da Covid-19 la situazione, già precedentemente complessa, si è ulteriormente aggravata. A questa, si sono sommati poi una serie di eventi che hanno stravolto le nostre vite. Tra questi, solo per citarne alcuni, una situazione di instabilità, data da incertezza politica, aumento dell’inflazione e una crisi economica perpetuata, ma anche instabilità sociale a causa dell’insorgere del conflitto in Ucraina e un sentimento di malessere diffuso. Tutti questi fattori hanno contribuito ad incrementare un sentimento di instabilità, incertezza e, soprattutto, preoccupazione costante che, nelle forme più gravi e nei soggetti più fragili è sfociato in fenomeni depressivi. Mettendo in luce queste fragilità, che sembrano non interrompersi, il rischio è che comportino gravi conseguenze sulla società del futuro.

I numeri non sono diversi in Italia. Già nel periodo precedente alla pandemia, si stimava nel nostro Paese un totale di 3,2 milioni di persone con depressione, di cui un milione con depressione maggiore. Nel corso del 2021, si è registrato un aumento di questi casi depressivi del 26% e un incremento del +28% di fenomeni associati a disturbi d’ansia.

A livello di spesa economica, le ricerche effettuate dimostrano che i disturbi psichici rappresentano una delle voci di spesa maggiori in Italia, in particolare per quanto riguarda la sua incidenza sul Sistema sanitario nazionale (Ssn). L’analisi attesta, infatti, che i costi associati ai disturbi depressivi ammontano a un 1,25 milioni di euro all’anno, costituendo circa l’11% della spesa sanitaria pubblica. Oltre a questi costi, sono da considerare anche quelli direttamente a carico dei cittadini per terapie e trattamenti. Si tratta però solo dei costi diretti. Accanto a questi, ci sono infatti i cosiddetti «costi indiretti», con cui si indicano quei costi correlati alla perdita di produttività, alle spese sostenute dalle famiglie per l’organizzazione intorno alla persona depressa e alle spese a carico del sistema previdenziale, come l’assegnazione di assegni ordinari di invalidità e pensione di inabilità. I costi indiretti rappresentano il 70% del totale dei costi di questo disturbo.

Risulta, quindi, sempre più necessario fornire supporto e dimensionare correttamente i fondi per trattare la malattia, in modo da aiutare coloro che ne sono affetti e, al contempo, allievare il peso della patologia sul sistema economico e sociale della nazione.

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