L'infiammazione è un meccanismo di difesa del nostro organismo di fronte a un danno cellulare provocato da agenti di varia natura: la sua funzione è infatti quella di eliminare la causa del danno stesso attivando un processo riparativo. L'infiammazione intestinale è però tipicamente conseguenza di un'attività anomala del sistema immunitario, come accade nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Tuttavia nella vita di tutti i giorni sentiamo spesso parlare di "intestino infiammato" per indicare una possibile causa di sintomi molto comuni quali dolore addominale, diarrea, stitichezza oppure gonfiore. In realtà in molti casi il termine è usato fuori luogo: molto spesso sintomi transitori di questo tipo sono dovuti infatti a un'alimentazione sregolata, a una disbiosi - ovvero un momentanea alterazione della flora batterica intestinale - oppure alla sindrome dell'intestino irritabile. In nessuno di questi casi però è mai realmente presente un’infiammazione.
La causa dell'infiammazione all'intestino, specie se severa, è da ricercare di fatto sempre in una MICI. La malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa sono infatti condizioni immunomediate in cui l'intestino è sottoposto a uno stato infiammatorio che può portare a conseguenze importanti sulle pareti intestinali. Queste infatti possono andare incontro a ulcere, perforazioni, fistole e stenosi. Tuttavia di fronte a sintomi come quelli citati occorre andare a fondo per verificare la presenza di infiammazione e dunque di una MICI. Prima di tutto in presenza di MICI la sintomatologia addominale è generalmente più intensa di quelli provocata da una semplice disbiosi o dalla sindrome dell'intestino irritabile. Non solo: alcuni sintomi sono presenti solo nell'infiammazione intestinale causata dalla malattia di Crohn o dalla rettocolite ulcerosa, e non in altre condizioni che possono produrre alterazioni dell'alvo (cioè del modo di scaricarci) o dolore addominale. La presenza di sangue nelle feci è ad esempio frequentissima nella rettocolite ulcerosa così come il dimagrimento, a cui i pazienti con MICI vanno quasi sempre incontro, non è presente in altri disturbi intestinali non infiammatori.
Di fronte a un sospetto di MICI occorre quindi individuare o escludere la presenza di infiammazione intestinale per mezzo di alcune indagini. Durante la visita gastroenterologica il medico raccoglie l'anamnesi del paziente per poi passare alla palpazione dell'addome, utile a evidenziare dolorabilità, segni di interessamento peritoneale o la presenza di masse che potrebbero essere legate a stenosi già in atto nei pazienti con malattia di Crohn. Per escludere una MICI occorre poi effettuare alcuni esami: in particolare il dosaggio della proteina C reattiva (Pcr), rilevata nel sangue, e della calprotectina fecale, nelle feci, consentono di individuare un'infiammazione in corso. In sua assenza è tendenzialmente possibile escludere una MICI in atto. Quando invece i valori sono positivi diventa necessaria la colonscopia che, grazie a un esame visivo della mucosa del colon e dell'ultima parte dell'intestino tenue, permette di confermare l'infiammazione intestinale prodotta dalle due malattie grazie anche biopsie della mucosa.