Patient Reported Outcome, la parola al paziente!

Patient Reported Outcome, la parola al paziente!

“Qualunque report sulle condizioni di salute di un paziente che arrivi direttamente dal paziente senza l’interpretazione di un medico o di qualche altro soggetto”. È questa la definizione di Patient Reported Outcome (PRO) riportata nelle prime linee guida sul tema, pubblicate nel 2022 dagli esperti della Società Europea di Oncologia Medica.
Di PRO o di PROM (Patient Reported Outcome Measures; gli strumenti che si utilizzano per misurare i PRO) si parla sempre più spesso nella pratica clinica oncologica nell’ottica di una medicina incentrata sul paziente e che quindi non può fare a meno di ascoltare la voce dei diretti interessati anche quando si tratta di sintomi e impatto della terapia o della malattia.

“I dati di laboratorio o le tossicità oggettive possono essere riportate senza problemi dal personale sanitario, ma esperienze soggettive come i sintomi sono meglio riportate dai pazienti stessi” si legge dalle linee guida, dalle quali emerge anche che in genere medici e pazienti riportano i sintomi in modo differente e che spesso i medici sottostimano un sintomo o la sua gravità.
Non serve sottolineare che se i sintomi non vengono identificati o vengono sottostimati anche le successive fasi del processo di cura ne risentiranno: dalla scelta da parte del medico della strategia per controllare i sintomi alle difficoltà incontrate dal paziente nel seguire la terapia.
Il tutto con un impatto magari anche pesante sulla qualità di vita, un parametro riconosciuto all’unanimità come fondamentale.

Benefici concreti per tutti

Includere i PROM nella pratica clinica di routine si associa infatti a un miglioramento dei risultati ottenuti dai pazienti nel corso della terapia attiva contro il tumore. Tenere sotto controllo i sintomi permette inoltre di migliorare la qualità di vita e di ridurre gli accessi in pronto soccorso e i ricoveri in ospedale. Un vantaggio che si fa sentire quindi sia sui pazienti che sul personale sanitario.
I PROM possono essere utilizzati durante tutte le fasi del viaggio del paziente oncologico, dalla diagnosi fino al follow up dopo il termine del trattamento e i benefici associati all’utilizzo di questi questionari sono a dir poco incoraggianti.In alcuni casi la scelta ottimale consiste nell’utilizzo contemporaneo di più di un questionario, come suggerisce per esempio uno studio italiano pubblicato sulla rivista European Urology Oncology. Secondo i dati dello studio per valutare al meglio la qualità di vita nei pazienti con tumore della prostata localizzato la strategia migliore – e anche fattibile – è abbinare un questionario generico (EORTC QLQ-C30) a uno specifico invece per il tumore prostatico (QLQ-PR25).
Perché sia davvero efficace, però, un questionario da sottoporre al paziente deve essere studiato con attenzione poiché non tutti i tumori sono uguali e non tutte le terapie sono uguali.
Per questa ragione è fondamentale scegliere con cura le domande da inserire nel questionario PRO: alcuni sintomi sono comuni a quasi tutti i tumori e terapie, come per esempio la fatigue o lo stress psicologico, ma ce ne sono alcuni specifici per il tipo di tumore che si sta valutando.
Un questionario ad hoc per il tumore della prostata, includerà per esempio domande legate alla vita e alla funzione sessuale o ai disturbi urinari, mentre uno dedicato al tumore del polmone farà riferimento a sintomi respiratori come tosse o mancanza di fiato.

Gli ostacoli da superare

Sulla base dei dati oggi disponibili sembrerebbe logico inserire i PRO nella pratica clinica di ogni ospedale, ma la realtà è ben diversa e ci sono alcune barriere che ancora complicano l’utilizzo di questi strumenti.
Il primo è di natura più tecnica e riguarda la scelta delle modalità attraverso le quali fare arrivare i questionari ai pazienti: si può pensare a questionari cartacei oppure a versioni elettroniche, magari da consultare mediante il sito internet dell’ospedale o app disegnate su misura.
L’ostacolo più grande resta però di tipo organizzativo
. Infatti, perché i PRO funzionino davvero è necessario che ci sia qualcuno in grado di gestire le informazioni riferite dai pazienti, dati che, in caso contrario, cadrebbero nel vuoto e non sarebbero di nessuna utilità né per il medico né per il paziente.
Una possibilità è che siano gli stessi oncologi ad occuparsi di questi aspetti, ma ciò richiederebbe di togliere tempo ad altre attività cliniche che svolgono quotidianamente. Un discorso molto simile vale anche per gli infermieri, già oberati di lavoro, che dovrebbero inoltre essere formati per poter gestire al meglio tutti i sintomi.
Senza dubbio si possono introdurre algoritmi per la gestione dei sintomi per aiutare a gestire appunto le informazioni ricevute dai pazienti, ma è fondamentale che i ruoli all’interno del reparto vengano ben definiti e che si creino delle figure dedicate proprio alla gestione dei PROM. Gli esperti ESMO ricordano tra l’altro che per permettere a infermieri e operatori sanitari di portare a termine questo compito servono risorse adeguate: il lavoro di analisi dei dati dei PROM non si deve aggiungere al carico di lavoro che già grava sulle loro spalle.
“Il personale clinico dei siti che raccolgono abitualmente PROM dovrebbe ricevere una formazione sulla revisione e l'interpretazione dei dati PROM” raccomandano nelle linee guida, sottolineando la necessità di “chiarire i ruoli e le responsabilità del personale e riprogettare il flusso di lavoro per garantire la revisione dei dati PROM e la loro interpretazione”.

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