Un sistema sanitario in grande difficoltà, la presenza di leggi e indicazioni teoriche che faticano ad essere messe in pratica, le condizioni di lavoro del personale sanitario, ma soprattutto il paziente oncologico, le difficoltà di accesso alle cure, gli ostacoli e le diseguaglianze che spesso deve affrontare nel suo percorso di cura della malattia.
Tutti questi temi, e molti altri ancora, sono analizzati nel 16° Rapporto sulla condizione del malato oncologico1, presentato il 16 maggio 2024, in occasione della XIX Giornata nazionale del malato oncologico, da FAVO, la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia.
Nell’introduzione al documento, Francesco De Lorenzo (presidente FAVO) ricorda il momento di crisi del sistema sanitario nazionale (SSN) che “ha perso, senza che il cambiamento fosse governato, la sua funzione di strumento per la coesione sociale, ma soprattutto la sua natura di servizio universale”. Aumentano allora le diseguaglianze, un problema particolarmente sentito per i malati oncologici, i quali, proprio per la natura stessa della malattia, hanno bisogni complessi, che richiedono approcci multidisciplinari e che vanno ben oltre la sola guarigione clinica.
L’oncologia italiana è all’avanguardia a livello mondiale e i numeri lo dimostrano: a 5 anni la sopravvivenza per i tumori solidi raggiunge il 60% (con punte superiori al 90% per alcuni tumori) e sono circa 4 milioni le persone vive dopo una diagnosi di tumore. Merito dell’alta qualità del SSN, secondo quanto si legge nel documento appena pubblicato, che mette in luce le numerose difficoltà con le quali lo stesso sistema si sta confrontando per quanto riguarda il controllo dei tumori: dalla scarsa adesione agli screening, alle difficoltà di accesso ai test molecolari, passando da scarsi programmi per la riabilitazione e difficoltà nel sistema di ricerca.
Eppure in Italia esiste un “Piano Oncologico Nazionale”2 (PON 2023-2027), in Europa è attivo il “Piano Europeo di lotta contro il cancro”3 che aiutano a stabilire le priorità di azione, con lo scopo ultimo di migliorare la condizione dei malati oncologici.
L’attuazione del PON è al centro del Rapporto FAVO, nel quale sono descritte quattro priorità che includono, in particolare, “1) l'attivazione delle Reti Oncologiche Regionali sull'intero territorio nazionale; 2) la realizzazione e la diffusione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), strettamente connessi alle Reti Oncologiche Regionali, di cui rappresentano l'elemento portante; 3) la programmazione e la valorizzazione del personale sanitario del SSN; 4) l'attivazione e operatività diffusa della Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR)”. Questa attenzione alle Reti è legata al fatto che tale modello organizzativo è riconosciuto come il più indicato per i malati oncologici.
Come si legge nel documento, il XVI Rapporto vuole essere un contributo all'attuazione del PON attraverso l’identificazione delle criticità oggi presenti nelle strategie di controllo del cancro e l’identificazione delle priorità, con un approccio che deve coinvolgere diversi attori: professionisti sanitari, società scientifiche e associazioni pazienti.
L’assistenza al malato oncologico dipende, ovviamente, anche dai professionisti sanitari che si occupano del malato. Non stupisce dunque che alcuni capitoli del Rapporto FAVO siano dedicati proprio a queste figure. “La disponibilità di un adeguato numero di medici e di altri professionisti sanitari è indispensabile per affrontare i bisogni sanitari della popolazione assicurando i livelli qualitativi di assistenza del servizio pubblico” scrivono gli autori del documento, che ricordano l’importanza di passare dalla teoria ai fatti. È importante, per esempio, fare una valutazione numerica di quali e quanti professionisti servono al SSN e pianificare di conseguenza l’offerta formativa. Proprio alla carenza di personale sanitario è dedicato una sezione del documento, nella quale si analizzano alcuni dei fattori che hanno portato a una “fuga” di questo personale (“dal 2019 al 2021 dei 21.397 medici andati all'estero 14.341 sono specialisti che hanno lasciato il nostro paese per andare a lavorarci stabilmente” si legge nel testo) e a un distacco dalla professione sanitaria, tra questi anche gli stipendi inadeguati e i ritmi stressanti di lavoro. “Il medico, in Italia, ha perso la sua identità storica e viene sempre più spesso trattato, proprio all'interno della sanità pubblica, come un prestatore d'opera alla stregua di un venditore di prodotto” concludono gli autori del capitolo.
Nel documento non mancano inoltre numerosi capitoli dedicati ai pazienti. Si parla delle scelte tra pubblico e privato (circa un quinto dei pazienti oncologici sceglie la sanità privata per gli interventi chirurgici), dell’oblio oncologico (da poco diventato legge anche in Italia), di salute globale e prevenzione (che devono essere considerate strettamente collegate tra di loro).
Nel testo si approfondisce inoltre il concetto di “povertà sanitaria”, ovvero “la condizione nella quale si trovano i cittadini che non riescono ad accedere alle cure mediche di cui hanno bisogno e che la sanità pubblica non riesce a garantire”. Secondo il Rapporto Banco Farmaceutico 2023, oltre 420.000 persone hanno dovuto chiedere aiuto per acquistare i farmaci prescritti, un aumento del 10,6% rispetto al 2022 e che si traduce in circa 7 persone ogni 1000 residenti. “Se una famiglia che non vive una situazione di grave crisi economica sceglie, la maggior parte delle volte, di rivolgersi alla sanità pubblica, una povera rinuncia anche a quella” scrivono gli autori del documento, sottolineando che non ci sono sempre e solo problemi economici alla base della rinuncia alle cure, ma anche la mancanza stessa di servizi sanitari in alcune aree del paese.
Infine, ma non certo meno importante, il Rapporto FAVO cita la “fragilità digitale”. In un sistema sanitario sempre più orientato verso la digitalizzazione, si rischia di creare un divario tra chi può realmente usufruire dei vantaggi della tecnologia e le popolazioni più svantaggiate (anziani, persone con basso reddito o basso livello di istruzione, persone che vivono in aree con scarsa connettività, ecc) che invece, per le ragioni più svariate, a questa medicina digitale non riescono ad accedere.