L'inquinamento da plastica è diventato un problema globale, che riguarda sia il mare che la terra, dalla punta dell’Everest al fondo degli oceani.
Degradandosi a causa di processi fisico-chimici, i rifiuti plastici generano microplastiche (< 5 mm) e nanoplastiche (dimensione < 100 nm). Queste particelle infinitesimali vengono poi ingerite dagli organismi, entrano nel loro corpo e ne influenzano la salute.
Dati recenti rivelano che le microplastiche e le nanoplastiche possono trovarsi nei pesci, ma anche nell'acqua del rubinetto, nella birra, nel sale marino e nelle bevande confezionate.
Questi composti sono stati rilevati anche nelle feci umane: questo dimostra che tutti noi ingeriamo microplastiche quotidianamente.
Studi sperimentali hanno dimostrato che, una volta assorbite, le microplastiche (MP) si accumulano in fegato, reni e intestino, provocando così stress ossidativo, problemi metabolici, processi infiammatori, danni al sistema immunitario e a quello neurologico. Infine, nella valutazione degli effetti negativi delle microplastiche, bisogna considerare che contengono sostanze il cui rilascio nell’organismo rappresenta un potenziale rischio per la salute.
Non solo, secondo un recente studio condotto dall’Università di Nanchino, l’inquinamento da microplastiche potrebbe causare infezioni croniche. Gli scienziati cinesi hanno infatti rivelato che le persone con malattie infiammatorie intestinali hanno il 50% in più di microplastiche nelle feci.
Gli scienziati hanno trovato 42 pezzi di microplastica per grammo in campioni essiccati di feci di persone con MICI e 28 pezzi in quelli di persone sane.
La concentrazione di microplastiche risultava più alta nelle persone affette da MICI in forma grave, suggerendo una connessione tra i due fenomeni. Tuttavia, lo studio non dimostra un nesso causale e gli scienziati affermano la necessità di ulteriori ricerche. Un’ipotesi è che la malattia infiammatoria induca le persone a trattenere più microplastiche.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology, ha analizzato campioni di 50 persone sane e 52 persone con MICI, per il resto sane. I partecipanti, provenienti da tutta la Cina, hanno compilato un questionario che includeva informazioni sulle loro abitudini alimentari e di consumo dell’anno precedente.
Oltre al collegamento con le MICI, gli scienziati hanno scoperto che le persone che tendevano a bere acqua in bottiglia o mangiare cibo da asporto avevano il doppio della concentrazione di microplastiche nelle feci. In totale, tra le microplastiche sono stati trovati 15 diversi tipi di plastica. I più comuni erano il PET, utilizzato in bottiglie d’acqua e contenitori per alimenti e la poliammide, che si trova anche negli imballaggi alimentari.
Il livello di microplastiche nelle feci era simile a quello dei pochi studi precedenti condotti, una volta prese in considerazione le differenze nella metodologia. Uno studio ha scoperto che i bambini avevano più microplastiche degli adulti nelle feci. Ciò può essere dovuto al fatto che i bambini masticano oggetti di plastica o all’uso di bottiglie per il latte, che notoriamente rilasciano milioni di microplastiche.
La dieta e i fattori ambientali possono scatenare o esacerbare le MICI, come la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. “Negli ultimi anni, la prevalenza delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali è aumentata notevolmente nei paesi in via di sviluppo dell’Asia”, hanno ricordato i ricercatori della Nanjing University in Cina. “Si stima che entro il 2025 ci saranno 1,5 milioni di pazienti con MICI in Cina, che causeranno un grave carico di malattia”.
“Questo studio fornisce la prova che stiamo effettivamente ingerendo sostanze figlie dell’inquinamento da microplastiche”, ha affermato Evangelos Danopoulos della Hull York Medical School nel Regno Unito, che non faceva parte del team di studio. “Si tratta di uno studio importante, in quanto amplia la base di prove relative all’esposizione umana a questo rischio. Sono necessari più dati sui possibili fattori confondenti per costruire un’associazione causale a specifiche condizioni di salute”.
Negli ultimi anni, la diffusa presenza delle microplastiche ha destato preoccupazione a livello globale e diversi organismi regolatori stanno lavorando in maniera coordinata per sviluppare sistemi e politiche per mitigare i potenziali rischi per l’uomo e per l’ambiente.
La Commissione Europea (CE) ha richiesto all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) di valutare i dati disponibili, allo scopo di presentare una proposta per limitare l’utilizzo delle microplastiche primarie in prodotti di consumo quali cosmetici, detergenti e fertilizzanti. Quando sarà approvata, la restrizione avrà come effetto quello di ridurre le emissioni di microplastiche di circa 400.000 tonnellate nell'arco dei successivi 20 anni. Con questo obiettivo, in Italia dal primo gennaio 2020 è stata vietata la vendita e la commercializzazione di cosmetici da risciacquo, come saponi, creme, gel esfolianti e dentifrici, contenenti microplastiche
EM-114792