La biopsia liquida consiste nell’isolamento e nell’analisi di materiale – come acidi nucleici, proteine e microvescicole – rilasciato da un tessuto nel sangue o in altri fluidi corporei (es. liquor, urine, saliva)2. Ne si sta esplorando l’applicazione in diversi campi – in cardiologia, per esempio, attraverso lo studio di materiale liberato dalle cellule del cuore sofferenti – ma l’oncologia è un ambito in cui la ricerca è particolarmente attiva: basti pensare che a fine 2022 erano già stati registrati 1.500 studi clinici sulle terapie antitumorali incentrati sull’analisi di un componente cellulare di origine tumorale contenuto in un campione di sangue3.
Uno dei vantaggi più evidenti dell’utilizzo della biopsia liquida è la possibilità di evitare, o quantomeno ridurre, la necessità di effettuare biopsie tradizionali, inclusa la biopsia del midollo, una procedura invasiva a cui si devono sottoporre i pazienti con neoplasie ematologiche4. Questo potrebbe essere particolarmente rilevante per i bambini, a cui si risparmierebbero un’anestesia e un’esperienza potenzialmente traumatica4.
La biopsia liquida più studiata si basa sulla ricerca e sull’analisi di DNA tumorale. Nel 1948, alcuni scienziati scoprirono che nel sangue si trovano dei frammenti di DNA4. Tre decenni dopo si osservò che i livelli di DNA libero da cellule (cfDNA dall’inglese cell-free DNA) nel sangue di pazienti con tumore erano anche 50 volte più alti di quelli misurati nel sangue di soggetti sani4. Nel 1989, un gruppo di ricercatori dimostrò che almeno parte di quel DNA – chiamato, di conseguenza, DNA tumorale circolante (ctDNA da circulating tumor DNA) – deriva dalle cellule tumorali5.
Dal punto di vista pratico l’analisi del ctDNA contenuto nel sangue richiede quattro passaggi: prelievo del campione, isolamento del cfDNA, sequenziamento, analisi dei risultati. Il prelievo del campione corrisponde a un normale prelievo del sangue da cui, per centrifugazione, si separa la parte liquida (plasma)4. Il cfDNA viene estratto dal plasma usando tecniche di biologia molecolare in cui generalmente si sfruttano biglie magnetiche o membrane di silice che legano l’acido nucleico che può poi essere distaccato e recuperato in poco volume di liquido5.
L’analisi vera e propria consiste nel sequenziamento del DNA alla ricerca di mutazioni. Per il sequenziamento si possono usare numerose tecniche, alcune più semplici, come la polymerase chain reaction (PCR) quantitativa – di cui si è sentito parlare tanto durante la pandemia – e altre più complesse (e costose) che permettono però di individuare un maggior numero di anomalie del genoma. Tra queste tecniche avanzate ci sono: la ddPCR (digital droplet PCR, una forma di PCR più sensibile), l’ASO-PCR (allele-specific oligonucleotide PCR, utile per esempio per lo studio del riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline nei pazienti con mieloma o neoplasie delle cellule B) e l’NGS (next generation sequencing, una tecnica che permette di studiare moltissimi geni contemporaneamente)4. Più informazioni si cercano, più dati vengono prodotti e maggiore è la complessità dell’analisi bioinformatica. È ragionevole pensare che l’integrazione dell’intelligenza artificiale nella biopsia liquida renderà più facile questo compito1.
Come già accennato, la natura non invasiva è una caratteristica molto desiderabile. A differenza delle biopsie tradizionali – che richiedono l’anestesia e in qualche caso un vero e proprio intervento chirurgico che presenta dei rischi – un prelievo di sangue può essere eseguito, facilmente e con un disagio minimo, anche in modo ripetuto. Considerato che un paziente con un tumore del sangue è sottoposto di frequente ad analisi del sangue, si tratterebbe semplicemente di aggiungere una provetta di raccolta in più4.
La biopsia liquida è in grado di offrire una migliore rappresentazione dell’eterogeneità del tumore. In un tumore ci sono cellule che hanno mutazioni del DNA diverse e quindi comportamenti diversi (per esempio, ci sono cellule più resistenti ai farmaci). Il materiale genetico rilasciato nei fluidi corporei arriva da tante cellule – anche distanti tra loro e non localizzate tutte vicine come quelle prelevate con una biopsia tradizionale – e quindi la probabilità di riuscire ad avere una fotografia completa del tumore aumenta1. Questo può essere particolarmente utile, per esempio, nel mieloma multiplo (MM) in cui il midollo osseo presenta “chiazze” di cellule maligne: cellule mielomatose di siti distinti hanno alterazioni del DNA differenti e l’aspirato di un solo sito tumorale non riflette questa eterogeneità 5. Il profilo completo del genoma tumorale è essenziale per la medicina di precisione, per personalizzare il trattamento1.
Forse qualcuno si starà ancora chiedendo: “Ma se è un tumore del sangue che bisogno c’è di studiare il DNA libero? Non basta studiare le cellule del sangue?”. Il motivo è anche se sono chiamati “tumori del sangue” le cellule maligne – anche quando vi circolano – non vengono prodotte nel sangue. Nelle leucemie, la sede in cui proliferano le cellule tumorali è il midollo osseo e quindi la biopsia del midollo è imprescindibile. I linfomi insorgono principalmente negli organi del sistema linfatico, soprattutto nei linfonodi, ma le masse tumorali si possono formare anche in altri organi, come nel linfoma cerebrale primitivo – un raro linfoma molto aggressivo che cresce in profondità nel tessuto cerebrale – la cui localizzazione anatomica rende estremamente ardua e pericolosa, se non impossibile, l’esecuzione di una biopsia6. Il MM può essere midollare o extramidollare (con sede fuori dal midollo) e quest’ultimo spesso si trova in siti corporei difficili da raggiungere5. Da ciò si comprende che la biopsia liquida è utile anche nei tumori del sangue.
Nelle leucemie e nei linfomi, l’analisi del ctDNA appare un approccio promettente per monitorare la risposta alla terapia e per modularla (intensificandola o riducendone l’intensità), per misurare la malattia minima residua (minimal residual disease, MRD, ossia il piccolo numero di cellule tumorali che può rimanere nel corpo dopo i trattamenti antitumorali) e per individuare in modo tempestivo eventuali ricadute2,4. Nel MM, la biopsia liquida – oltre a fornire un profilo genomico più completo, come già spiegato – aiuterebbe a monitorare l’evoluzione della malattia, inclusa la comparsa di nuovi cloni sensibili a farmaci a bersaglio molecolare5,6.
Sebbene le ricerche sulla biopsia liquida siano incoraggianti, questo approccio presenta dei limiti. Innanzitutto, il ctDNA è un materiale poco abbondante e questo può generare dei risultati falsi negativi1. In più, i livelli di cfDNA aumentano in condizioni non tumorali come la sepsi e l’infiammazione4. Bisogna lavorare per aumentare la sensibilità e la specificità della metodica. La standardizzazione del processo di isolamento del ctDNA e l’utilizzo di tecniche di sequenziamento avanzate come l’NGS vanno in questo senso5.
Molto probabilmente la biopsia liquida non rimpiazzerà mai i metodi tradizionali, ma vi si affiancherà, migliorando la comprensione della malattia di ciascun paziente. Bisognerà valutare caso per caso i vantaggi che può offrire e utilizzarla nel modo più adeguato1.
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