Prendersi cura dei pazienti anche dopo il trattamento

MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTRÖM

Prendersi cura dei pazienti anche dopo il trattamento

Oggi sono sempre di più i pazienti che, grazie alla possibilità di diagnosi precoci e ai miglioramenti nelle terapie disponibili, possono sopravvivere per anni alla malattia dopo i trattamenti. Questo aumento della sopravvivenza, tuttavia, pone…

» Oggi sono sempre di più i pazienti che, grazie alla possibilità di diagnosi precoci e ai miglioramenti nelle terapie disponibili, possono sopravvivere per anni alla malattia dopo i trattamenti. Questo aumento della sopravvivenza, tuttavia, pone sfide inedite per quanto riguarda la presa in carico dei pazienti a lungo termine e la cura di quegli strascichi che posso accompagnarli a lungo e rendere la loro quotidianità più complicata.

Secondo uno studio del German Cancer Research Centre di Heidelberg, presentato al congresso annuale della European Society for Medical Oncology, una significativa porzione di pazienti soffre delle conseguenze della malattia e non trova un supporto adeguato.

Se, infatti, in passato la priorità era stata quella di mettere a punto trattamenti e cure per permettere ai pazienti di sopravvivere, ora emerge la necessità di aiutarli a convivere con le eredità della malattia.

Di quali eredità si tratta? Secondo lo studio tedesco, chiamato FiX, la più frequente è la cosiddetta “cancer-related fatigue” (acronimo CRF) o affaticamento correlato al tumore, un persistente senso di stanchezza che non svanisce con il sonno o il riposo, e che rende difficile portare a termine le attività quotidiane.

Questa ricerca ha preso in esame i dati di 2.508 pazienti e 15 diversi tumori raccolti nel registro epidemiologico dei tumori nazionale. Inizialmente gli studiosi hanno valutato la presenza, la severità e la gestione dell’affaticamento cronico a due anni dalla diagnosi. Poi, in un follow-up successivo a quattro anni dalla diagnosi, si sono concentrati su altre conseguenze a lungo termine.

Secondo i risultati presentati al congresso, al follow up hanno partecipato 1.874 pazienti dell’età mediana di 65,8 anni (49% donne e 51% uomini). Tra i problemi segnalati dai pazienti, che comportavano una certa rilevanza nella quotidianità delle loro vite, quelli segnalati più di frequente sono stati: perdita di abilità fisica (40,7%), affaticamento (38,5%), problemi di sonno (36,6%), problemi sessuali (35,4%), artralgia (33,4%), ansia ( 33,2%) e neuropatia (28,9%).

Gli studiosi hanno chiesto ai pazienti un giudizio sul supporto ricevuto per la gestione di queste conseguenze a lungo termine della malattia. Nel caso dell’affaticamento cronico, questo supporto è stato valutato come scarso dal 37,7% degli intervistati e come buono dal 29,5%. Non è andata meglio nel caso degli altri disturbi segnalati: è stato considerato scarso anche il supporto in caso di neuropatia (35,9%), di problemi cognitivi (35,3%), di aumento di peso (34,7%) e di vampate di calore accompagnate a sudorazione notturna (33,7%). C’è stata però un’eccezione: il supporto in caso di dolore è stato valutato come buono nella maggioranza dei casi (51,3%).

Queste problematiche sono note ed esistono numerose raccomandazioni e linee guida per gestire soprattutto l’affaticamento correlato al cancro. Tuttavia, secondo gli autori, non sempre queste strategie verrebbero implementate in maniera adeguata.

«Nonostante la crescente consapevolezza dell'efficacia di misure attenuanti come l'esercizio fisico per ridurre la fatica, i pazienti sono ancora troppo spesso lasciati soli a cercare aiuto per sintomi che non possono essere affrontati direttamente con i farmaci, allo stesso modo per esempio del dolore, per cui la soddisfazione rispetto al supporto ricevuto è risultata elevata nel nostro studio», spiega Martina Schmidt, coautrice dello studio.

Secondo i ricercatori, il follow-up del cancro non dovrebbe più concentrarsi soltanto sugli effetti collaterali immediati del trattamento e sull'individuazione di metastasi o recidive del cancro, ma includere anche uno screening più sistematico per ulteriori sintomi che possono gravare sui pazienti.

«Il primo passo dovrebbe essere quello di assicurarsi che i pazienti stessi siano meglio informati in anticipo su questi potenziali problemi, in modo che sappiano che condizioni come la CRF non sono solo prevedibili, ma spesso gestibili, e che non dovrebbero aspettare che i sintomi scompaiano da soli», ha aggiunto la Dott.ssa Schmidt.

«Questa ricerca mostra che un numero incredibilmente alto di pazienti soffre ancora di problemi di salute significativi anni dopo essere stato dichiarato libero da malattia. La loro insoddisfazione per le cure disponibili è un campanello d'allarme a cui dovremmo prestare maggiore attenzione, cercando di capire i meccanismi in gioco al fine di identificare interventi che potrebbero aiutare queste persone a recuperare meglio», ha commentato Dorothy Keefe, presidente di Cancer Australia, l’agenzia nazionale dei tumori australiana, non coinvolta in alcun modo nello studio.

Ti serve aiuto?

Un team di Esperti è a disposizione
per rispondere alle tue domande

Scopri gli strumenti per la ricerca del centro più vicino a te

Bibliografia e Fonti:

Schmidt M, Hermann S, Steindorf K. Late effects, long-term problems, and unmet needs of cancer survivors, Annals of Oncology (2021); 32 (suppl_5): S1175-S1198. doi: 10.1016/annonc/annonc714 [ABSTRACT 1669O_PR].

Better support for long-term symptoms is needed to help patients live life after cancer, ESMO Congress, comunicato stampa del 18 Settembre 2021.

Logo Janssen | Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson