Dolore, cosa può fare il paziente per gestirlo?

MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTRÖM

Dolore, cosa può fare il paziente per gestirlo?

Il dolore, per un paziente oncologico, non è un destino. In primo luogo, perché non tutti i pazienti lo provano ma soprattutto perché vi sono strategie per alleviarlo e per affrontarlo. Per alcuni potrebbe essere un percorso più lungo e fatto di…

» Il dolore, per un paziente oncologico, non è un destino. In primo luogo, perché non tutti i pazienti lo provano ma soprattutto perché vi sono strategie per alleviarlo e per affrontarlo. Per alcuni potrebbe essere un percorso più lungo e fatto di più tentativi prima di trovare la soluzione più adatta, l’importante è non rassegnarsi al dolore; il dolore non va “accettato” ma affrontato.

È di fondamentale importanza parlare con il proprio medico, con l’oncologo e con i propri caregiver dell’insorgenza del dolore. La gestione del dolore è parte integrante del percorso di cura di un paziente con una neoplasia e quanto più se ne parla apertamente tanto prima e tanto meglio sarà possibile affrontare adeguatamente la situazione. Infatti, il modo migliore per controllare il dolore è prevenirne l’insorgenza o affrontarlo precocemente senza aspettare che risulti insopportabile prima di intervenire.

Parlare del dolore

Se il paziente non dichiara di provare dolore e non cerca di affrontarlo, è probabile che il malessere che prova influenzi in modo negativo la qualità della sua vita portandolo a provare stanchezza, depressione, rabbia e preoccupazione. Affrontare e tenere sotto controllo il dolore, invece, aumenta la probabilità di riuscire a condurre una vita attiva, diriposare e mangiare bene, di trascorrere tempo con le persone amate e di ritrovare l’intimità.

Se l’argomento “dolore” non è sollevato dal medico in sede di terapia, perché la gestione del dolore non è magari parte delle sue competenze, il paziente non deve temere di parlarne facendosi eventualmente consigliare percorsi specialistici.

Come descrivere il dolore:

Riuscire a descrivere e caratterizzare nel miglior modo possibile il proprio dolore è il primo passo da compiere per poter selezionare la terapia più efficace.

Solitamente, il metodo più semplice, è valutare il dolore su una scala da 0 a 10, in cui 0 rappresenta l’assenza di dolore e il 10 il dolore più forte che si immagina di poter provare. Per un quadro completo della situazione è importante fornire al medico una serie di informazioni sul proprio dolore:

- Parte del corpo in cui si prova

- Tipologia: acuto, persistente, bruciante, improvviso

- Intensità

- Durata

- Fattori che lo alleviano o peggiorano

- Momenti di insorgenza

- Impatto sullo svolgimento delle attività quotidiate

Come trattare il dolore

La scelta di come trattare il dolore viene fatta insieme al medico e non può mai essere un’iniziativa spontanea del paziente. Alcuni farmaci possono interferire con altri trattamenti a cui ci si sta sottoponendo e non essere quindi indicati; per questo motivo è bene far presente al medico (soprattutto se ci si rivolge aduno specialista che non è l’oncologo) l’eventuale assunzione di farmaci prescritti al di fuori delle terapie oncologiche.

Ci sono diversi tipi di trattamenti antidolorifici che includono farmaci analgesici non steroidei (FANS), farmaci oppioidi e radioterapia. La scelta dipende sia dalla tipologia di dolore, sia dalle caratteristiche del paziente stesso. Solitamente, per i dolori più lievi, vengono consigliati FANS (aspirina o ibuprofene) o farmaci come il paracetamolo; all’aumentare del dolore, lo specialista può prendere in considerazione l’impiego degli oppioidi, partendo dai più deboli fino ad arrivare a quelli più forti come la morfina. In alcuni casi, come ad esempio per il dolore provocato da metastasi ossee, può essere necessario sottoporsi ad sedute di radioterapia.

Ogni trattamento farmacologico va seguito attenendosi scrupolosamente alle prescrizioni senza apportare modifiche alle indicazioni ricevute.

È utile poi che il paziente continui a registrare gli episodi dolorosi su un diario, aggiungendo informazioni relative al trattamento:

- Nome del farmacoe momento di assunzione

- Effetto e sua durata

- Effetti indesiderati (es.: costipazione, sonnolenzae nausea)

- Ricorso ad eventuali altri rimendi non farmacologici.

Quando si riceve un trattamento farmacologico è bene informarsi su eventuali comportamenti da evitare (es.: bere alcolici, guidare) e particolari effetti collaterali a cui dover prestare attenzione. In alcuni casi, il trattamento farmacologico prescelto può non sortire l’effetto speratoo, addirittura, provocare effetti indesiderati pesanti. Come detto all’inizio, il percorso per per il raggiungimento di un’ottimale gestione del dolore può essere lungo e può comportare diversi tentativi ma ciò non deve scoraggiare il paziente e indurlo a fare da sè. Diversamente da altre situazioni, non c’è un unico rimedio valido per tutti e ogni trattamento deve essere mirato al singolo paziente; ogni persona risponde ai farmaci in modo diverso e, a volte,si ottiene l’effetto desiderato solo dopo più somministrazioni. Alcuni pazienti possono anche sviluppare una tolleranza nei confronti dei farmaci antidolorifici che stanno assumendo: quel tipo di farmaco o quel dosaggio non hanno più l’effetto desiderato. In questo caso, per tenere sotto controllo il dolore, si rende necessaria la somministrazione di un farmaco differente oppure l’assunzione di dosi maggiori di quello che si sta assumendo. Anche questa situazione non può essere gestita in autonomia dal paziente, che deve sempre confrontarsi con il proprio medico ed evitare brusche interruzioni del trattamento in corso.

Oltre ai trattamenti farmacologi, cosa si può fare?

In aggiunta al quello farmacologico, alcuni pazienti possono trarre beneficio da vari trattamenti integrativi o complementari. Spesso si tratta di pratiche la cui efficacia non è supportata da studi scientifici ma che, in alcuni soggetti, sembrano avere effetti benefici nel controllo dell’ansia e dello stress, fattori che vanno a incidere anche sulla percezione del dolore. L’agopuntura, ad esempio, è una pratica che prevede l'inserimento di aghi in determinati punti terapeutici ad una profondità definita. Il “training di biofeedback”è invece mirato al controllo di alcune funzioni del corpo come il battito cardiaco, la respirazione e la tensione muscolare, questa tecnica contribuisce a rilassare il corpo e a gestire il dolore. Sia l’agopuntura sia il training di biofeedback sono tecniche che devono essere attuate da specialisti certificati.

Impacchi caldi o freddi possono essere anche di aiuto, i primi per alleviare i dolori muscolari mentre i secondi per intorpidire il dolore; anche per il ricorso a questi rimedi è sempre meglio chiedere consiglio al medico. Anche alcuni tipi di massaggio possono contribuire al controllo del dolore, alla gestione dell’ansia, della fatica e dello stress; sono tipologie di massaggio molto specifiche e, in alcuni casi, non consigliabili perché troppo profondi o perché prevedono una pressione eccessiva. Infine, anche le tecniche di rilassamento e di meditazione possono contribuire ad alleviare il dolore e rilassare il corpo.

Ci sono poi alcune abitudini e stili di vita che possono concorrere alla gestione del dolore. Per chi può, la pratica di un’attività fisica, rinforzando muscoli e articolazionie migliorando il movimento, può contribuire ad alleviare i dolori legati a una mobilità ridotta o perduta. Alcune attività fisiche,come il Tai Chi e lo Yoga, aiutano a controllare il respiro e a favorire il rilassamento muscolare.

Come detto, l’importante è che il paziente non si scoraggi e non si arrenda al dolore. Se ci si sente sopraffatti o si vuole rinunciare al controllo del dolore, può essere di aiuto chiedere un supporto emotivo e psicologico ad un esperto. La psiconcologia è parte integrante delle cure oncologiche e il proprio medico può indicare uno specialista a cui rivolgersi, da soli ma anche con i propri familiari e caregiver.

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Bibliografia e Fonti:
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